La fede funziona senza favoritismi - Giacomo 1,9-11 e 2,1-7

 
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Nelle prime chiese cristiane c’era un problema diffuso. La fede in Gesù Cristo stava riunendo persone che venivano da diversi popoli, paesi, lingue, culture e tradizioni. Gesù, infatti, aveva dato ai credenti il compito di andare in tutto il mondo, annunciare la buona notizia del regno di Dio e di accogliere tutti quelli che avrebbero creduto. Da subito, la chiesa è stata pensata per essere una comunità multi-culturale, internazionale, interclassista, inter-generazionale, per donne e uomini: insomma, per tutti i credenti in Gesù Cristo. La fede in Cristo e solo la fede in Cristo sarebbe stata la soglia di ingresso, di accettazione e di permanenza nella chiesa. Facile a dirsi, più difficile a farsi. Da subito, infatti, le chiese sperimentarono il problema di come trattare le differenze culturali e sociali dentro la chiesa. I credenti di provenienza giudaica dovevano accettare quelli di provenienza non giudaica? Gli schiavi potevano essere ammessi? E le donne? E quelli che mangiavano le carni macellate nei templi pagani? E quelli che non rispettavano le regole del sabato ebraico? La fede comune era veramente sufficiente per accogliersi reciprocamente o c’erano altre condizioni che valevano di più e che costituivano le vere soglie d’ingresso nella chiesa? Chi poteva entrare e a quali condizioni?

Nelle comunità di credenti a cui si rivolge Giacomo, il problema si manifestava nel modo descritto ai vv. 2-4 del cap. 2. In effetti, c’era un problema grave che impediva alla chiesa di vivere secondo i criteri dell’evangelo. La realtà era che la chiesa stava riproducendo passivamente e acriticamente quelli della società. Giacomo insegna che l’’evangelo di Cristo denuncia i nostri pregiudizi, sovverte le nostre aspettative e riconcilia le nostre diversità.

1. La fede denuncia i nostri pregiudizi
Nella chiesa avevano accettato le regole sociali secondo le quali i ricchi dovessero essere trattati con riguardo e onori mentre i poveri potevano essere al massimo tollerati, ma comunque lasciati ai margini. Questo problema non è sono uno sconveniente fastidio e una questione secondaria, ma è un gravissimo problema spirituale. Giacomo lo denuncia in modo profetico senza mezzi termini. Lo chiama un “ragionamento malvagio” (v. 4): stanno compiendo il peccato di favoritismo (2,1), cioè riproducendo nella chiesa – la nuova società di Dio, l’umanità rigenerata da Cristo – gli stessi criteri di divisione e polarizzazione che erano vigenti nella società senza Cristo. Nel mondo senza Dio, essere ricco ed essere povero determinava una spaccatura nella società: tra stili di vita, trattamenti sociali, opportunità offerte all’uno e negate all’altro. Uno contro l’altro, uno senza l’altro. Uno accolto, l’altro rifiutato. Uno riverito, l’altro disprezzato.

Il problema era diffuso: nella chiesa di Roma a cui si rivolge Paolo (Romani 14) la spaccatura era di origine etnica/religiosa/culturale: i credenti di origine giudaica non potevano sopportare che gli altri credenti non osservassero le regole della dieta ebraica e non rispettassero il calendario ebraico. Si credevano migliori degli altri e avevano la tendenza ad espellere chi non era ebreo. Qui, nelle chiese a cui scrive Giacomo, la spaccatura avviene sulla differenza economica e sociale: i ricchi contro i poveri.

Nella chiesa cristiana ci sono tanti difetti e tante imperfezioni. Non si può pretendere che una comunità umana sia arrivata e perfetta. Siamo peccatori salvati per grazia soltanto. Per questo, la Bibbia ci esorta ad essere pazienti e a non essere massimalisti: cioè a volere tutto e subito (5,9). Però, mentre un corpo sano può avere un malessere, un dolore, un fastidio e continuare ad essere un corpo sano, se si porta dentro un cancro devastante, questo va diagnosticato e possibilmente rimosso. Nella chiesa portiamo tutti i nostri pregiudizi: italiani contro stranieri, meridionali contro settentrionali; bianchi, neri e mulatti; residenti contro migranti; milanesi contro romani; laziali contro romanisti; giovani contro vecchi, ecc. ma se permettiamo a questi pregiudizi di diventare “favoritismo” stiamo introducendo un cancro letale. No, dice Giacomo, nella chiesa non c’è posto per il favoritismo etnico, sociale, economico e generazionale! La chiesa è di tutti i credenti in Gesù Cristo e nella chiesa si accolgono tutti quelli che, non essendo ancora credenti, vogliono ascoltare la Parola di Dio, indipendentemente da altre condizioni.  

2. La fede sovverte le nostre aspettative
Oltre a denunciare il peccato del favoritismo, Giacomo ci dice che la chiesa non corrisponde alle nostre aspettative nella sua composizione. Non è composta di persone simili a noi, quanto piuttosto di persone diverse da noi. Al v. 5 dice che Dio non sceglie i credenti in base all’apparenza, al ceto sociale o alla provenienza culturale. Nella sua scelta Dio usa criteri diversi: non cerca chi è “pieno” di sé, pieno di soldi, pieno di successi, ma al contrario sceglie chi è “povero” secondo il mondo, povero in spirito, povero anche nel senso di essere “povero di Dio”: peccatore, mancante, ribelle contro Dio.

Chi entra nella chiesa ricco di sé e dei suoi successi, alla fine, cerca di imporre la “propria” visione di chiesa che corrisponde alle “proprie” aspettative e cacciare chi non le soddisfa. Per questo, Giacomo dice che i ricchi portano in tribunale chi non rientra nelle loro preferenze portando vergogna alla testimonianza dell’evangelo (2,6-7).

Rispondendo alla chiamata alla fede, noi non entriamo nella chiesa per ricercare la nostra comunità preferita o per creare il nostro gruppo di simili. Per mostrare la grandezza del suo amore e il carattere sovversivo della grazia, Dio chiama con noi e intorno a noi persone che noi non sceglieremmo, ma che diventano fratelli e sorelle carissimi (1,16). Se cerchi il gruppetto di amici, non è la chiesa il posto dove trovarlo. Nella chiesa ci sono i credenti in Gesù Cristo. Se cerchi la comunità dei simili, non è la chiesa dove trovarla. Nella chiesa trovi i diversi da te, anche se credenti come te nello stesso Signore. Quando la chiesa riflette consapevolmente i gruppi sociali del mondo (chiesa di giovani, chiesa di ricchi, chiesa di un gruppo soltanto, ecc.) sta contrastando la volontà di Dio. Non si può edificare la chiesa con i criteri del mondo! E’ una bestemmia (v. 7). La chiesa deve mostrare i criteri sovvertiti di Dio: la gente deve chiedersi: come mai giovani e meno giovani, famiglie e single, residenti e migranti, italiani e di altre nazionalità, stanno insieme? La risposta deve essere: perché sono stati rigenerati a vita nuova dallo stesso Dio Padre grazie all’opera di Gesù Cristo per la potenza dello Spirito Santo! 

3. La fede riconcilia le nostre diversità
Dio ha creato la chiesa per sovvertire le divisioni esistenti nella società e per mostrare quanto la grazia di Dio è sufficiente e potente per creare una nuova umanità di sorelle e fratelli in Gesù Cristo. Nella chiesa ci sono persone di umili condizioni (1,9) e di agiati stili di vita; persone provate, orfani, vedove, ricchi (5,1), poveri, persone in cammino, gente con esperienza (3,1; 3,13), imprenditori (4,13), lavoratori (5,4) e contadini (5,4), malati e gente che sta bene (5,13-14). Tutte queste persone, così diverse umanamente, socialmente e culturalmente, sono insieme nella comunità dei credenti.

Tutte queste diversità, la fede in Cristo non le cancella, non le elimina, ma le riconcilia. Da essere divisive, diventano ricchezza. Da essere abrasive, diventano armoniche. Da essere distruttive, diventano palestra di crescita comune. Scrivendo ai Galati, Paolo dice della chiesa: in essa “non c’è né giudeo né greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché siete tutti uno in Gesù Cristo” (Galati 3,28). Oggi si parla di “cancel culture” per dire che per avere giustizia dobbiamo cancellare le differenze. Invece, la chiesa riconcilia in Cristo le diversità. Gesù Cristo è il Signore a cui portare le nostre identità per farle guarire dalle loro idolatrie e aprirle all’opera dello Spirito Santo nella compagnia dei credenti. Se la chiesa rispecchia le divisioni del mondo, è un fallimento. Se la chiesa cancella le diversità, è un tradimento. Nella chiesa, nella nostra chiesa, Gesù vuole riconciliare le nostre diversità affinché la pazzia dell’evangelo mostri tutta la sua sapienza a lode e gloria di Dio!


 
 

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