Tre indici di regalità - Luca 5,1-32

 
 

Predicatore: Leonardo De Chirico

A pochi passi da qui, Caravaggio dipinse la chiamata di Matteo. E’ uno dei capolavori di Caravaggio e un quadro ammirato da tutti. L’artista immagina una scena raccontata in questa sezione del vangelo, quando Gesù chiama Matteo mentre sta contando i soldi. Quel capolavoro è solo uno dei milioni di capolavori compiuti da Gesù nel chiamare persone come Matteo, come me e come te a seguirlo per diventare suoi discepoli. A questo punto del vangelo, infatti, Gesù chiama alcune persone con cui condividerà il resto della sua vita. Li invita a diventare suoi discepoli. Discepolo è colui che segue il Maestro, che prende la strada al seguito del Maestro, gli sta vicino e gli si assomiglia sempre più imparando da Lui. Il fuoco della nostra serie è sui discepoli in quanto chiamati a re-imparare a vivere non più secondo i criteri propri, ma secondo quelli del loro Signore. In particolare, stiamo leggendo il vangelo di Luca con le lenti della regalità cristiana. Ci chiediamo come il vangelo renda responsabili, cittadini del regno di Dio che vivono l’ordine di Dio in tutto quello che sono e che fanno, molto consapevoli della complessità della vita. Questo lungo testo ci dice che ci sono tre campi della vita che l’essere discepoli del Signore impatta in modo forte e decisivo. Vuoi sapere quale è la salute della tua regalità cristiana? Ecco tre indici.

1. Progetti di vita riqualificati
All’inizio del capitolo Gesù svolge il suo servizio profetico, cioè annuncia la Parola di Dio (v.1). La location è la riva del lago. Subito coinvolge un gruppo di pescatori chiedendo loro di fare una cosa strana: usare le loro barche non per andare a pescare, ma per farle diventare una piattaforma al servizio dell’annuncio (v.3). La barca solitamente usata per pescare diventa invece una specie di pulpito. La seconda stranezza è che, dopo aver concluso di parlare, chiede allo stesso gruppo di pescatori di andare al largo e di gettare le reti (v.4). Simone risponde sulla base della recentissima esperienza fatta: hanno pescato tutta la notte precedente senza prendere niente (v.5). La loro expertise avrebbe detto che quel giorno era inutile e dannoso pescare, ma Gesù li invita a rivedere le loro esperienze. La terza stranezza è che, alla conclusione della sezione, Gesù riqualifica il loro mestiere come quello di “pescatori di uomini” (v.10). Sono sempre pescatori, ma il loro core business viene ampliato a quello di raggiungere e raccogliere le persone.  

Insomma, Gesù ha riqualificato gli strumenti del lavoro (la barca come pulpito), i tempi del lavoro (la pesca in un giorno morto) e l’obbiettivo del lavoro (le persone oltre ai pesci). Per essere discepoli bisogna passare da qui: riconoscere a Gesù il diritto di riqualificare il proprio lavoro. Simone e gli altri continueranno ad essere pescatori, ma lo faranno come discepoli di Gesù. Non sappiamo di Matteo nello specifico, ma sappiamo che a dei colleghi di Matteo Giovanni disse di continuare a fare il loro lavoro, solo in modo onesto (3,13). L’ultima parola non ce l’ha più l’esperienza accumulata o le aspettative degli altri, ma Gesù il Signore. Il risultato è un lavoro migliore, più fruttuoso: addirittura prendono così tanti pesci che devono chiamare aiuto per raccoglierli (v.7). Quando Gesù ci rende suoi discepoli, non ci fa smettere di lavorare. Piuttosto, ci fa lavorare in modo diverso in quanto ridefinito da Lui, riqualificato da Lui, guidato da Lui. Qualunque sia il lavoro che Dio ti ha chiamato a fare, è lì che si manifesta la regalità: lavoriamo come discepoli di Cristo prima che come professionisti del nostro campo, lavoriamo ascoltando la Parola di Gesù prima che le nostre esperienze, lavoriamo con impegno, invece di scappare dal lavoro. Il punto è che il modo in cui lavoriamo riflette la salute o la malattia del nostro essere discepoli. Ci sono ancora tante malattie nella nostra regalità nel lavoro. Dentro il lavoro, Gesù riqualifica la nostra vita quando ci chiede di essere onesti in un mondo disonesto. Dentro il lavoro, Gesù ci vuole suoi discepoli anche quando ci chiede di fare cose strane che i colleghi non farebbero. Dentro il lavoro a Roma (con tutta la complessità del lavoro a Roma), Gesù ci vuole persone regali che guardano al proprio lavoro come occasione per benedire e contagiare le persone intorno a noi.  

2. Persone guarite in profondità
Dopo aver riqualificato la vita dei pescatori, Gesù incontra un uomo lebbroso (vv. 12-16) e poi un paralitico (vv.17-26). Sono persone malate. Uno ha una malattia contagiosa e altamente contaminante per la legge dell’AT, al punto da escluderlo dalla società. L’altro ha una malattia gravemente invalidante che gli impedisce i movimenti. Gesù li guarisce entrambi. Non solo, guarisce tutte le persone che gli si avvicinano (v.15). Gesù ha predicato come un profeta, ora guarisce come un sacerdote che media la grazia di Dio e come un re che ha potere sulla malattia. Il ruolo sacerdotale di Gesù nel guarire spiega anche la sua attenzione al rispetto delle norme previste nel culto levita per il trattamento delle malattie e delle guarigioni (v.14). Non solo li guarisce dalla lebbra e dalla paralisi: Gesù perdona i loro peccati (v.21 e 24). La guarigione di Gesù non si limita a rimettere in piedi, a includere chi è escluso, a sanare le ferite della pelle e della società: Gesù guarisce più in profondità perdonando i peccati e ristabilendo la relazione con Dio spezzata dal peccato. La lebbra esclude, la paralisi blocca, ma è il peccato che uccide. Per questo, la guarigione di Gesù è radicale, integrale e pervasiva. Non si limita ad alleviare il sintomo, ma risolve la causa della malattia. Non dona solo sollievo temporaneo, ma dona la vita eterna.

Il tema della guarigione è centrale per la regalità cristiana. Non siamo una comunità regale degna di questo nome se non abbiamo vissuto la guarigione di Dio nella nostra vita. Non viviamo nel regno di Dio se Cristo non ha perdonato i nostri peccati. Non viviamo in modo degno del regno se Cristo non ha iniziato a guarire le nostre vite malate, disorientate, scomposte, irrequiete. Le chiese evangeliche possono essere piene di persone le cui vite non sono state riqualificate da Cristo e quindi vivono il loro lavoro in modo disfunzionale e irrisolto. Possono essere piene di persone che non sono in un cammino di guarigione da traumi, rotture, pesi accumulati che schiacciano la vita. Roma è una città gravemente malata. Io sono una persona malata. Anche tu sei malato. Lui è venuto per i malati (v.31) per chiamarli al ravvedimento e alla fede (v.32). Oggi Cristo può perdonare i tuoi peccati e può anche toccarti per iniziare o proseguire un cammino di guarigione profonda. La mia preghiera è tutti noi siamo persone perdonate da Cristo e in cammino verso la guarigione per diventare donne e uomini riconciliati, riformati, rilanciati. Lo sei tu? Lo vuoi tu?

3. Credenti pronti a fidarsi e a sfidare
Nel creare una comunità regale, Gesù riqualifica il progetto di vita dei discepoli e li guarisce. In questa sezione, c’è anche un terzo indice di regalità che possiamo osservare. Le persone che ricevono la Parola di Gesù e il perdono/guarigione di Gesù rispondono in due modi: si fidano di Lui e sfidano le convenzioni usuali. I pescatori della prima scena ricevono quello che Gesù dice e lo prendono sul serio: ciò li porta a fare cose “strane” come utilizzare la barca come piattaforma, tornare a pescare quando i tentativi precedenti sono andati a vuoto. Si fidano di Gesù e hanno la forza di sfidare le abitudini e le prassi consolidate. Gli uomini che accompagnano il paralitico si erano fidati della parola di Gesù che aveva guarito molte persone e furono pronti a sfidare le buone maniere pur di portare il loro amico alla presenza di Gesù. Addirittura aprono il tetto per far passare la barella (v.19); inventano una strada inconsueta, creativa, per certi versi irruente (al punto da infrangere la proprietà privata!). Ecco, fidarsi di Gesù porta a sfidare i poteri, la cultura, le mode, le abitudini: il vino nuovo del regno di Dio è così frizzante da non stare negli otri vecchi dei nostri piccoli regni decaduti. Chi si affida a Cristo è pronto a sfidare tutto, anche la città di Roma, anche la zona di Prati. Che l’inizio dei culti pubblici a Prati sia l’inizio di una pesca che tutti considerano inutile, ma che si rivelerà fruttuosa. Che sia l’apertura di un tetto che tutti considerano chiuso, ma che porterà guarigione a tanti. Dio faccia di noi una comunità regale la cui vita è riqualificata, la cui guarigione è in corso, il cui coraggio è animato dalla fede in Gesù Cristo.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.