Un’estate per contare bene i giorni - Salmo 90

 
contare bene
 

Predicatore: Raffaele Costagliola

Tutti noi sappiamo contare, è una delle prime cose che impariamo da bambini. Sappiamo anche rispondere con una certa decisione alla domanda “quanti anni hai?” Ma siamo sicuri di saper contare bene i nostri anni? Apparentemente si tratta di un conteggio molto semplice, ma siamo sicuri di non commettere qualche errore di valutazione? Sicuramente Mosè, come tutti noi, sapeva contare, eppure, nella sua preghiera chiede a Dio di insegnargli a contare bene i loro giorni (v. 12).

Lettura: Sl. 90

Diamo uno sguardo al contesto in cui è stato scritto. Il salmo 90 è una preghiera scritta da Mosè durante la transizione di Israele nel deserto (la storia completa la si trova in Nm. 14). Nonostante i miracoli che Dio aveva operato e operava in Israele e le testimonianze di Giosuè e Caleb che avevano esplorato Canaan (la terra promessa), il popolo è incredulo e si ribella a Dio (Nm. 14,3-9), mormora contro Mosè (Nm. 14,2), addirittura vuole lapidare Giosuè e Caleb (Nm. 10). Per questo Dio condanna Israele a 38 anni nel deserto e alla morte di tutti i maggiori di 20 anni prima dell’ingresso in Canaan. Inoltre, uccise gli uomini che, al ritorno da Canaan, avevano aizzato tutta la comunità contro Dio. In questo contesto Mosè scrive il salmo 90. Ecco tre domande che ci aiutano a comprendere meglio il significato di questa preghiera.

1.     Abbiamo la giusta unità di misura?
2.     Sappiamo a cosa andiamo incontro?
3.     Come re-impariamo a contare con saggezza?

1. Abbiamo la giusta unità di misura?
Spesso saper contare non basta, ma per comprendere il significato dei numeri abbiamo bisogno di un riferimento con cui poterci confrontare, un’unità di misura di riferimento. Per esempio, per capire se il numero di vaccinati in una nazione è sufficientemente da garantire la cosiddetta “immunità di gregge” dobbiamo confrontarlo necessariamente con il numero totale di abitanti, per esempio 38 mila vaccinati è un risultato ottimo per il Liechtenstein (che conta circa 38.400 abitanti), ma non sono nulla per una nazione come l’Italia (con 60,36 milioni di abitanti). Oppure dire semplicemente sono alto 1 e 90 non basta, occorre necessariamente affiancare l’unità di misura: 1 m e 90 cm.

Nei primi 6 versi del Salmo, Mosè cerca un riferimento, un punto di appoggio, e lo trova in Dio. Dio è stato per Israele un rifugio di età in età (v.1), si sono susseguite diverse generazioni, ma Dio è stato sempre presente ed è stato sempre lo stesso. Non solo, Dio era presente anche prima della formazione dell’universo e lo sarà per sempre (v.2). Lui ha formato l’universo, lui è Dio! Da eternità a eternità, in linguaggio matematico “da meno infinito a più infinito”. Chiudiamo gli occhi per un istante e proviamo a immaginare la grandezza e l’eternità di Dio.

Cosa siamo noi nei confronti di Dio? Eppure, talvolta quando pensiamo alle nostre vite, crediamo di avere tutto sotto controllo e di avere a disposizione molti anni per portare a termine i nostri progetti. Investiamo tantissime energie per i nostri interessi, per trovare una stabilità con un buon lavoro o con una casa di proprietà, ma quando Dio ci chiama a fare un passo avanti, così come Israele nel deserto, ci tiriamo indietro dimenticandoci dei miracoli che Dio ha operato nelle nostre vite. Preferiamo investire per cose terrene anziché per il regno di Dio. Di fronte alle difficoltà che incontriamo nel deserto delle nostre vite preferiamo confidare nell’uomo e aggrapparci agli idoli di questo mondo anziché confidare nel Signore.

Viviamo in una città il cui appellativo è “la Città Eterna”. Per chi non lo sapesse, tale appellativo fu dato dal poeta latino Albio Tibullo, vissuto tra il 54 e il 19 a.C., ed ha resistito per più di 2000 anni fino ai giorni nostri entrando a far parte del linguaggio comune. Quando lo si usa probabilmente si allude al fatto che in tutti i suoi anni, dall’antichità della sua fondazione [753 a.C.] passando per il Rinascimento fino ai giorni nostri, Roma è stata la città protagonista con gli imperatori, i papi, lo sviluppo dell’Arte, la politica, ecc. Roma, la città eterna, è piena di idoli e alternative molto appetibili che possono allontanarci da Dio. Ma, ricordiamo che mille anni per Dio sono come un giorno (v.4), vanno via così velocemente come in un fiume in piena o come l’erba che fiorisce la mattina e inaridisce la sera (vv.5-6). Roma e i suoi idoli, anche se hanno resistito per migliaia di anni, sono destinati a scomparire, mentre Dio no.

Dio è eterno, ma gli uomini no. Mosè è chiamato “uomo di Dio” (v.1), noi come ci definiamo? Mettiamo al primo posto Dio? Viviamo al servizio di Dio? Dio prima o poi ci chiamerà a tornare polvere (v.3 e cfr. Gn.3,19). Quando contiamo i nostri anni facciamolo avendo la giusta unità di misura, cerchiamo Dio come riferimento e nient’altro. Dio è eterno e sarà sempre lo stesso, mentre l’uomo e le cose di questo mondo sono destinate a scomparire.

2. Sappiamo a cosa andiamo incontro?
Prima o poi, nessuno sa quando, Dio ci chiamerà a lui, i nostri giorni sono segnati dall’ira di Dio e sono destinati a finire prima o poi. La morte è entrata nel mondo come conseguenza del nostro peccato (Gn.3) ed è il debito che dobbiamo inevitabilmente pagare nei confronti della giustizia di Dio. Eppure, viviamo le nostre vite evitando di pensare alla morte. La morte appare come una cosa innaturale, di cui la nostra mente vuole sbarazzarsene. La sentiamo così lontana che pensiamo che è una cosa che non ci riguarda e viviamo spensierati. Trascorriamo i nostri giorni nell’ozio e senza uno scopo preciso, con noncuranza e senza riguardo. Oppure, usiamo la morte come scusante per vivere una vita di piaceri, sfruttando ogni attimo della nostra vita per compiacere noi stessi. “Si vive una volta sola”, “la vita è breve”, …

Possiamo avere una vita più o meno lunga (70-80 anni, forse di più, forse di meno), alcuni giorni saranno felici, altri meno; possiamo diventare ricchi o poveri; possiamo sentirci realizzati o frustrati; ecc. Ma certamente sarà una vita faticosa e travagliata (Gn.3) e nonostante i nostri sforzi, potremmo trovarci a vivere meno di quello che immaginiamo e come in un soffio voliamo via (v.10).

La morte è una realtà in cui prima o poi ci ritroveremo e lì dovremo rispondere delle nostre azioni a Dio.  Dio ci mostrerà tutti i nostri peccati anche quelli più nascosti (v. 8) e non potremo salvarci dal suo giudizio, saremo atterriti dal suo furore e moriremo a causa della sua ira(v.7).

Come viviamo i nostri giorni? Come contiamo i nostri anni? Sappiamo a cosa andiamo incontro? Conosciamo davvero la forza dell’ira di Dio e il suo furore con il giusto timore? (v.11).

3. Come re-imparariamo a contare con saggezza?
Abbiamo visto come nei confronti di Dio siamo così piccoli e insignificanti, meno di una goccia d’acqua in un oceano e che prima o poi dovremmo fare i conti con Dio, i nostri peccati saranno smascherati, la nostra resistenza e ribellione a Dio sarà punita giustamente. Senza Dio come riferimento e senza il timore della sua ira, siamo destinati a morire. Come fare, allora? Come re-impariamo a contare?

a.     Mosè si rivolge in preghiera a Dio e chiede il suo intervento: “insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio” (v.12). Mosè sa che da soli non si va da nessuna parte, il cuore dell’uomo è insanabilmente maligno e ci porta inevitabilmente a errori di valutazione. Sa che senza l’intervento di Dio si è destinati ad essere consumati dalla sua ira. Come Mosè, preghiamo Dio affinché Dio ci insegni, tramite lo Spirito Santo, a pesare bene i nostri giorni per avere un cuore saggio e timoroso (Pr.9,10). “Il cuore dell’uomo saggio sa infatti discernere il tempo e il giudizio” (Ec.8,5).

b.     Nonostante il decreto di morte, Mosè prega Dio anche per l’allontanamento della sua ira e per una rapida riconciliazione prima che sia troppo tardi, prima che i loro giorni finiscano nell'ira del Signore. “Ritorna Signore; fino a quando? Muoviti a pietà dei tuoi servi” (v.13). Dio ascoltò la sua preghiera, non distrusse tutto il popolo e diede delle leggi riguardanti i sacrifici per l’espiazione dei peccati commessi (Nm.15), ma non solo. Qualche anno più avanti Dio ha provveduto ad un sacrificio espiatorio perfetto per la salvezza di tutti noi. Ha mandato suo figlio Gesù Cristo, una volta e per sempre, a farsi carico dei nostri peccati e pagare al posto nostro il debito che avevamo nei suoi confronti. Gesù è veramente morto al posto nostro, ma è anche risorto vincendo le conseguenze del peccato. Dio, in Cristo, si è mosso “a pietà dei suoi servi” in modo che chiunque creda in lui sia salvo e abbia vita eterna per sola fede e non per merito. Gesù, pane della vita, segno vivente della grazia di Dio, ci sazia quotidianamente e rallegra i nostri giorni presenti e futuri in maniera più che proporzionale rispetto alle tribolazioni sofferte (v.14-15).

c.     Le opere dell’uomo sono destinate a svanire prima o poi, solo in Dio le nostre opere saranno stabili (v.17) e porteranno frutto.

Con un cuore saggio e timoroso e nella grazia di Cristo nostro Signore preghiamo affinché possiamo davvero vivere una vita al servizio di Dio per l’avanzamento del suo regno.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.